Blockchain: rivoluzione o semplice speculazione?

La blockchain è una tecnologia basata sulla concatenazione di blocchi contenenti informazioni (es. transazioni) verificate dalla rete stessa, senza necessità di un’autorità centrale che validi quanto contenuto all’interno dei blocchi. L’idea di base si sviluppa a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 per poi diventare estremamente popolare a partire dal 2008, quando un gruppo di persone, sotto lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto, la utilizzò come registro delle transazioni della criptovaluta Bitcoin. Le opzioni disponibili per implementare una blockchain sono molteplici ma per avere un filo conduttore nel seguito faremo riferimento proprio ai protocolli utilizzati per il Bitcoin ed enunciati nell’articolo “Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System” (2008).

Nella pratica gli utenti si scambiano frazioni di Bitcoin come pagamenti e ognuna di queste transazioni prima di essere conclusa deve essere validata; l’innovazione consiste nel fatto che non esiste alcuna banca o alcun ente che si occupa di gestire la transazione, ma questa sarà validata nel momento in cui verrà inserita in uno dei blocchi che vengono attaccati alla catena (questo è vero a meno di biforcazioni, ma non entreremo nel dettaglio della questione). Attaccare un blocco deve quindi essere un’operazione complessa e dispendiosa per chi la compie ma facilmente verificabile da tutto il resto della rete, perché in breve tempo tutti devono essere in grado di accertarsi che effettivamente chi vuole attaccare un blocco abbia svolto certi passaggi, garanzia di affidabilità. Per questo motivo si utilizzano le funzioni hash, che rientrano tra le funzioni one-way, ovvero quelle funzioni per cui dato un output non c’è modo di risalire all’input corrispondente se non procedendo per tentativi. I miner, ovvero coloro che attaccano i blocchi, prendono una serie di transazioni da validare e le inseriscono nel blocco e poi, facendo variare il nonce (i.e. number used once), calcolano la hash di tutto il blocco con l’obiettivo di ottenere un output inferiore a un certo target (noto a tutti). L’unico modo di procedere è quello di effettuare il calcolo partendo da nonce pari a 0 e facendo crescere questo valore fino a che si arriva al risultato cercato; a questo punto il valore corretto viene reso noto e tutta la rete è in grado di verificare velocemente che per quel nonce l’output della hash calcolata sul blocco è inferiore al target, e il blocco può finalmente essere attaccato. Questa procedura prende il nome di proof-of-work ed è quella utilizzata per i Bitcoin, ma esistono altre procedure di validazione (proof-of-history, proof-of-stake) utilizzate in altri contesti. L’applicazione delle funzioni hash permette anche di mettere in relazione tra di loro i blocchi, creando appunto una catena e rendendola non modificabile retroattivamente.

I settori nei quali la blockchain è applicabile sono i più disparati, dalle spedizioni all’agricoltura o alla sanità, rendendone possibile una massiccia diffusione che rappresenterebbe una vera e propria rivoluzione culturale. Per rendere possibile questo processo ci sono però ancora alcune problematiche da risolvere, una su tutte l’impatto ambientale. La proof-of-work precedentemente descritta è infatti una procedura di validazione basata sulla potenza di calcolo, che se da un lato riduce al minimo le possibilità di frode dall’altro richiede enormi consumi di energia (basti pensare che il Bitcoin da solo consuma la stessa quantità di energia della Svizzera). Mai come in questo periodo storico questa questione ha grande rilevanza, e anche se delle alternative sono già presenti si è ancora lontani da una soluzione definitiva. A questo si aggiungono poi altre problematiche legate all’assenza di protocolli standardizzati

Ad oggi un mondo in cui la blockchain la fa da padrona sembra essere ancora distante, anche perché alle questioni etiche se ne affiancano altre di natura più tecnica, normali quando si parla di una tecnologia relativamente recente. Già nel 2020 però Linkedin ha indicato la blockchain come hard skill più ricercata dalle aziende; questo fa capire come il mondo stia andando in quella direzione e, se non oggi, prima o poi tutti dovremo imparare a conviverci e a lavorarci.

 

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